L'editoriale del vecchio penalista
Il processo penale e la dignità del cittadino
Da moltissimi anni nel nostro Paese il processo penale (ovvero il procedimento con il quale lo Stato esercita la sua pretesa punitiva) è diventato teatro sociale sul quale si esercitano i mezzi d'informazione.
Due obiettivi diversi: da un lato il complesso di atti che lo Stato (Autorità Giudiziaria) compie per accertare la colpevolezza di un cittadino; dall'altro l'interesse della società ad essere informata su fatti che ritiene rilevanti.
Non v'è dubbio che i due diversi scopi possano essere raggiunti in un variegato equilibrio di rapporti che mutano da nazione a nazione.
Nel nostro Paese questo equilibrio potrebbe essere realizzato con il puntuale rispetto dei principi della nostra Carta Costituzionale e della L. 4/8/1955 n 848 (salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali).
Ci sembra opportuno rammentare almeno i più significativi di questi principi:
art. 2: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo ..."
art. 13: "La libertà personale è inviolabile.
Non è anmmessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale"
art. 15: "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili"
art. 21: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"
art. 24: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento"
art. 27: "La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva"
art. 32: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività"
art. 111 "La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla Legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, davanti a Giudice terzo ed imparziale.
La legge ne assicura laragionevole durata"
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Rammentiamo ora rapidamente i più importanti enunciati della L. 4/8/1955 n. 848:
art. 2: "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge ..."
art. 3: "Nessuno può essere sottoposto a torture né a pene o trattamenti inumani o degradanti"
art. 5: "Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza ..."
art. 6: "Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente e imparziale ..."
art. 8 "Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza"
art. 9 "Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione ..."
art. 10 "Ogni persona ha diritto di libertà d'espressione"
art. 13 "Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella presente Convenzione fossero violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti a una magistratura nazionale ..."
art. 14 "Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito senza alcuna distinzione ..."
L'enunciaizone, forse noiosa, delle norme sopracitate dà conto che, ove correttamente applicate, sarebbe risolto il problema d'equilibrio fra processo penale e diritto d'informazione.
Questo purtroppo non accade.
E' praticamente prassi quotidiana quella d'immortalare con fotografie la persona arrestata o condotta a processo; prassi definita "sbatti il mostro in prima pagina". Queste fotografie o filmati hanno per il cittadino imputato un effetto devastante; infatti l'uomo in manette rappresenta "il condannato" nell'immaginario collettivo. E poco importa che il processo non sia giunto a sentenza o neppure iniziato!! Se questo sfortunato cittadino venassolto o non ne saranno date immagini o esse saranno di minimo rilievo; dunque nell'opinione pubblica rimarrà l'immagine del colpevole con conseguenze devastanti per l'interessato. A noi pare che il diritto democratico all'informazione sarebbe compiutamente assolto con la semplice notizia che il cittadino "tal dei tali" è accusato d'omicidio e sarà processato; che rilievo possono avere le sue fattezze? Sul sistema giudiziario anglosassone nutriamo molte riserve: ad esempio non ci convince la struttura delle impugnazioni. Ma in materia di tutela dell'immagine del cittadino abbiamo molto da imparare: niente foto o filmati fuori o dentro le aule giudiziarie. Giornali inglesi autorevoli si limitano a descrizioni grafiche (disegni) di fantasia perchè non può essere il volto dell'imputato a soddisfare l'interesse dell'opinione pubblica; bensì, e soltanto, la notizia di un fatto criminale e l'evolversi del processo.
Naturalmente v'è chi tra evantaggio della situazione che critichiamo: innanzi tutto gli organi d'informazione (giornali-tv) ovvero giornalisti ed editori; ma neppure la classe forense va immune da censure: infatti taluni avvocati che hanno un ruolo nei processi "da scoop" ne approfittano per farsi propaganda, contribuendo a svilire il processo penale: quello che per accentuare il momento rituale impone, ancor oggi, l'uso delle toghe.
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E' del tutto attuale un'altra situazione i cui diritti dei cittadini sono violati o scalfiti: si tratta delle intercettazioni telefoniche e ambientali.
Dobbiamo chiarire il nostro pensiero: vi sono fatti penalmente rilevanti per l'accettamento dei quali le intercettazioni sono utili e persino indispensabili. Nell'ambito di questi reati l'autorità giudiziaria dispone le intercettazioni, ne verifica le attuazioni e raccoglie mezzi di prova: ragionevolmente nessuno potrebbe muovere obiezioni a questa prassi.
I problemi nascono dali'uso che vien fatto delle intercettazioni eseguite.
Un primo aspetto patologico si verifica allorché del contenuto delle intercettazioni venga data pubblicità prima della conclusione delle indagini sancita dall'avviso ex art. 415 bis C.P.P.. Prima della discovery gli atti d'indagine (registrazioni comprese) restano nell'esclusiva disponibilità del Pubblico Ministero; se di esse sia stata data comunicazione ai difensori questi dovrebbero essere tenuti al massimo riserbo sotto pena di sanzioni.
Accade invece frequentemente che gli organi d'informazione vengono in possesso di questi atti d'indagine e li pubblichino: tale comportamento non accettabile e deve essere sanzionato.
Problema diverso è quello della pubblicazione dopo l'intervenuta discovery: normale, ma per nulla accettabile che, a questo punto, si trovino sui media copia d'interi atti processuali: verbali d'interrogatorio, sommarie informazioni testimoniali e, appunto, intercettazioni. Dunque il processo si celebra prima sui media che nel luogo istituzionale (i Tribunali). Il cittadino indagato, le patti offese, i testimoni si troveranno esposti al pubblico giudizio con ben pochi mezzi per replicare e tutelarsi. Non ci pare che tutto ciò si ispiri a quei principi costituzionali che abbiamo in precedenza elencato. E a tutto ciò il legislatore dovrà porre rimedio. Ma vi sono aspetti ancor più preoccupanti:
- le intercettazioni spesso riguardano persone indagate che interloquiscono con cittadini che indagati non sono: come si tutela il diritto alla riservatezza di questi ultimi?
- Ancora, accade frequentemente che le intercettazioni raccolgano fatti non penalmente rilevanti: perché essi possono divenire pubblici?
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Proprio mentre stiamo scrivendo queste nostre sintetiche riflessioni il Parlamento sta esaminando e discutendo un disegno di legge che dovrebbe risolvere i problemi che abbiamo enunciato. Osservando i lavori parlamentari ci pare dover constatare che ancora una volta, i partiti siano più attenti a raccogliere consensi che a dare al paese una legge che contribuisca a trasformare i sudditi in cittadini.
Mancano agli organi legislativi (Senato e Camera dei deputati) personaggi come Piero Calamandrei.
Noi vonemmo che fra i requisiti soggettivi per l'elezione al parlamento, i candidati dovessero dimostrare di aver letto ed imparato l'insegnamento di Calamandrei. "per aspera ad astra".
30 Luglio 2015